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martedì 23 settembre 2014

L'animale di oggi e' : L'ORSO !!!

L'orso appartiene alla famiglia degli mammiferi dell'ordine carnivori Ursidi.







Descriozione: 

Tutti gli orsi hanno in comune la pelliccia densa, una coda corta, un buon senso dell'odorato e dell'udito. Gli orsi sono in grado di alzarsi in piedi sugli arti posteriori. Hanno un muso lungo e orecchie rotonde. I loro denti sono utilizzati per la difesa e come strumenti, e il loro aspetto dipende dalla dieta dell'orso stesso. Usano gli artigli per strappare la carne e per scavare profonde buche.

Storia evolutiva:

La famiglia degli ursidi è una delle nove famiglie nel sottordine dei caniformi (ordine carnivori). I più stretti parenti degli orsi risultano essere i pinnipedi, i canidi e i mustelidi. Vi sono alcune caratteristiche distintive (sinapomorfie) che permettono di distinguere gli orsi dai loro più stretti parenti: la presenza di un canale alisfenoide, processi paroccipitali grandi e non fusi alla bulla timpanica, osso lacrimale vestigiale, molari e premolari bunodonti e indicativi di una dieta ipocarnivora, carnassiali appiattiti. Inoltre, alcuni membri della famiglia possiedono molari inferiori allungati e una riduzione dei premolari.
Gli odierni ursidi comprendono otto specie in tre sottofamiglie: Ailuropodinae (monotipica, con il solo panda gigante), Tremarctinae (monotipica, con il solo orso dagli occhiali) e Ursinae (con sei specie divise in uno o tre generi, a seconda degli studiosi).
 
Letargo:

Nelle regioni temperate e fredde, gli orsi trascorrono il periodo invernale in uno stato di sonno profondo e prolungato che viene erroneamente scambiato come stadio di letargo. Infatti, anche se l'organismo non assume cibo e liquidi, durante questo periodo la temperatura corporea non si abbassa di molto e le funzioni fisiologiche, anche se ridotte, si svolgono secondo la norma. Inoltre il sonno viene interrotto da più risvegli e le femmine sono anche in grado di partorire 1-2 cuccioli riuscendo ad allattarli nonostante il freddo. A causa però di questo lungo stato di torpore, i piccoli sono di dimensioni ridotte rispetto alla mole della madre (fino ad 1/600), in questo modo si evitano elevate spese d'energia sia per il parto che per l'allattamento.

Distribuzione e Habitat:

Gli orsi vivono in una grande varietà di ambienti, dai tropici all'Artide, dalle foreste alla banchisa. Sono prevalentemente onnivori, eccetto l'orso polare (che si nutre di sola carne) ed il panda (che invece ha una dieta prettamente vegetariana); mangiano licheni, radici e bacche. Possono anche catturare pesci in un corso d'acqua. Cacciano soprattutto alla sera e all'alba, a meno che non ci siano esseri umani vicini.
Alcune specie, come l'orso polare (Ursus maritimus, anche detto orso bianco) e l'orso bruno (Ursus arctos), possono essere pericolose per gli esseri umani, soprattutto nelle zone più popolate.
Gli orsi hanno un'aspettativa di vita di 25–40 anni.





Tutte le informazioni sono state prese da wikipedia voce orso e da google immagini.

mercoledì 17 settembre 2014

L'animale di oggi e': LA MANGUSTA !!!

La Mangusta appartiene alla famiglia dell'ordine dei Carnivori sotto il nome dei Erpestidi (Herpestidae) . Vivono nell'Asia meridionale e sud-orientale e in Africa. Ne esistono 34 specie, tutte molto simili per la forma e abitudini. Il nome mangusta viene usato per indicare anche delle specie della sottofamiglia Galidiinae.




Descrizione: 

 
Le manguste hanno un corpo allungato e le zampe corte, il muso appuntito e la coda cespugliosa, affusolata. Gli occhi sono di modeste dimensioni e le orecchie, piccole, sono quasi nascoste dalla lunga pelliccia, piuttosto grossolana e ruvida. La maggior parte delle manguste ha cinque dita, con altrettanti artigli. Nella mangusta nana comune la lunghezza del corpo è di 24 cm, la lunghezza della coda di 19 cm e il peso di 320 g; nella mangusta dalla coda bianca, la lunghezza del corpo è di 58 cm, quella della coda 44 cm e il peso superiore ai 5 kg; alcune manguste icneumone sono ancora più lunghe.


Moltissime manguste sono pezzate o striate e alcune presentano un mantello con disegni vivaci. Nessuna specie, però, è a macchie; alcune hanno delle strisce sulle spalle, mentre i piedi, le zampe e la coda o la punta di essa possono essere spesso di una tonalità diversa. Le manguste striate e i suricati hanno delle strisce più scure sulla parte posteriore del corpo.
Anche all'interno della stessa specie esistono notevoli variazioni di colore. Per esempio, la mangusta rossa è grigia o marrone-giallastra nella maggior parte del suo areale, ma nel deserto del Kalahari è appunto rossa e c'è anche una forma melanica (nera). Le variazioni di colore, di solito, sono collegate al colore del suolo e permettono la mimetizzazione che è importante per la sopravvivenza.
Moltissime manguste hanno un grosso sacco anale che contiene almeno due aperture ghiandolari. I segnali olfattivi, prodotti dalla secrezione delle ghiandole anali e talora anche dalle guance, possono dare informazioni riguardo al sesso, alla recezione sessuale (condizioni sessuali) e all'identità individuale o del gruppo.



Biologia: 


La maggior parte delle manguste sono opportuniste: si nutrono di piccoli vertebrati, insetti e altri invertebrati e, solo occasionalmente, di frutta. La struttura dei denti e delle zampe riflette chiaramente la loro dieta.
Le manguste hanno un numero di denti variabile da 34 a 40 e in particolare quelle che sono cacciatrici efficienti di piccoli vertebrati, come le specie appartenenti al genere Herpestes, hanno ferini molto sviluppati per dilaniare meglio la carne.
I loro piedi hanno quattro o cinque dita, ciascuna terminante con un lungo artiglio non retrattile adatto per lo scavo. Le manguste sono solite annusare la superficie del terreno e, quando riescono a trovare un insetto, lo afferrano in superficie o lo estraggono dalla sua tana sotterranea.
Alcune manguste vanno molto lontano alla ricerca di cibo. Nel Serengeti, in Tanzania, alcuni branchi di manguste striate occupano un territorio di 15 km² e possono, nella stagione secca, percorrere fino a 9 km al giorno. Quando le risorse di cibo sono abbondanti e la densità della popolazione è alta, i territori e le distanze che vengono percorse sono considerevolmente più piccole. Le manguste striate del Parco di Ruwenzori, in Uganda, utilizzano degli spazi con dimensioni inferiori a 1 km e percorrono circa 2 km al giorno.




La maggior parte delle manguste raggiunge la maturità sessuale intorno ai due anni. La più bassa età riproduttiva è stata registrata nella mangusta di Giava che è già in grado di avere i cuccioli a 9 mesi di età. Le stagioni della riproduzione variano secondo le condizioni ambientali. In Sudafrica, i suricati e la mangusta gialla danno alla luce i piccoli solo nei mesi più caldi (e umidi) dell'anno. Nell'Uganda occidentale, dove il clima è costante e il cibo è abbondante, la mangusta striata si riproduce quattro volte durante l'anno, mentre in Tanzania settentrionale, dove le variazioni di temperatura sono minime, ma le stagioni secche e umide sono molto pronunciate, sia la mangusta striata sia la mangusta nana meridionale si riproducono solo nei mesi delle grandi piogge, durante i quali il cibo è più abbondante.
Nelle solitarie manguste rosse, i maschi adulti, i cui territori si sovrappongono, hanno importanza gerarchica. Il territorio del maschio dominante include quello di parecchie femmine, attraverso i quali il maschio si muove lasciando segnali olfattivi in prossimità di quelle femmine che sono in fase recettiva dal punto di vista sessuale e riproduttivo. Durante il periodo in cui la femmina è in calore vi è un breve corteggiamento.
Nella maggior parte delle specie i piccoli nascono con pochi peli sparsi e ciechi e aprono gli occhi a circa due settimane.



Rapporti con l'uomo:


Le manguste rappresentano un gruppo di animali che si è diffuso con successo. Non si conosce alcuna specie che sia in via di estinzione, ma le più vulnerabili sembrano essere le manguste di Sokoke, le manguste brune indiane e le manguste della Liberia, poiché il loro habitat è stato quasi completamente distrutto. La mangusta di Giava, la mangusta gialla e il suricato sono stati perseguitati dall'uomo, ma sono tuttavia diffusi e abbondanti (in realtà, la prima dei tre è la più diffusa). Le altre due specie sudafricane sono state perseguitate in quanto portatrici della rabbia. La mangusta di Giava è anch'essa un veicolo della rabbia e in alcune aree delle Indie occidentali e alle Hawaii viene considerata una rovina perché attacca il pollame e le faune locali. Fu introdotta nelle Indie occidentali nel 1870 e nelle Hawaii nel 1880, nel tentativo di limitare l'espansione dei topi nelle piantagioni di canna da zucchero. Nonostante qualche volta sia stato detto che la mangusta di Giava è la responsabile dell'estinzione, nelle Indie occidentali, di molte specie autoctone di uccelli e di rettili, non esiste alcuna argomentazione che possa provarlo. In molte isole queste manguste sono ancora importanti predatori dei roditori nocivi e la loro situazione deve essere presa in considerazione in modo separato per ogni particolare isola.
La mangusta icneumone veniva considerata sacra dagli antichi egizi e sulle pareti di tombe e templi, risalenti a 2800 anni a.C., sono state trovate delle figurazioni di manguste.





Tutte le notizie e foto  sono state prese da wikipedia e google immagini.

mercoledì 16 luglio 2014

L'animale di oggi e' : IL LUPO !!

Il lupo grigio è un canide, presente nelle zone remote del Nordamerica, Eurasia e Nordafrica. È il più grande della sua famiglia, con un peso medio di 43-45 kg per i maschi e 36-38.5 kg per le femmine. Come il lupo rosso, il lupo grigio si distingue dagli altri membri del genere Canis per le sue maggiori dimensioni e per il suo muso e le orecchie meno appuntite. Il suo mantello invernale è lungo e folto, di colore prevalentemente grigio variegato. Alcuni esemplari presentano anche mantelli bianchi, rossi, bruni o neri.
È la specie più evoluta dei Canis: lo dimostrano l'adattamento alla caccia grossa, la sua natura gregaria e il suo linguaggio del corpo avanzato. Ciononostante è ancora abbastanza vicino geneticamente agli altri Canis, inclusi il lupo canadese, il coyote e lo sciacallo dorato da poter produrre ibridi. È l'unico Canis che vive sia nel vecchio che il nuovo mondo. Il lupo apparve per la prima volta nell'Eurasia del Pleistocene, ed entrò il Nordamerica almeno tre volte durante l'epoca Rancholabreana. È un animale sociale, il cui gruppo sociale consiste di una famiglia nucleare. Il lupo è tipicamente un predatore alpha, minacciato seriamente soltanto dagli umani e dalle tigri. Si ciba prevalentemente di ungulatidi grossa taglia, ma anche di animali più piccoli, bestiame, carogne e spazzatura.
Il lupo grigio è uno degli animali meglio conosciuti e studiati. Su di esso son stati scritti più libri che su qualsiasi altro animale selvatico. Ha una lunga storia d'associazione con gli umani, ed è stato detestato e perseguitato dalla maggior parte delle comunitá pastorali ma rispettato da quelle agrarie e da quelle di caccia e raccolta. È l'unico antenato del cane domestico. Le prove genetiche e paleontologiche indicando che fu addomesticato 18.800-32.000 anni fa nell'Europa da cacciatori nomadi. Sebbene la paura dei lupi sia caratteristica di tante culture umane, la maggior parte degli attacchi sugli umani furono attribuiti ad animali rabbiosi. I lupi non rabbiosi hanno anch'essi attaccato e ucciso gli umani, soprattutto i bambini, ma raramente, essendo timidi per natura.
Un tempo fu uno dei mammiferi più diffusi del mondo, e abitava l'intero emisfero boreale, prima che la persecuzione da parte degli umani causasse la sua estinzione in gran parte dell'Europa occidentale, Messico e gli Stati Uniti. Attualmente, il lupo si trova soprattutto nel Canada, l'Alaska, l'Europa settentrionale e l'Asia settentrionale. Il declino delle popolazioni dei lupi grigi si è arrestato negli anni '70, conducendo alla ricolonizzazione e la reintroduzione artificiale in zone in cui un tempo era estinto. Questo cambiamento è dovuto in gran parte dalla protezione legale e cambiamenti nella gestione rurale. La concorrenza con gli umani per il bestiame e la selvaggina, preoccupazioni sulla possibilità delle aggressioni contro il uomo e la frammentazione del suo habitat continuano a porre una minaccia alla specie. Malgrado ciò, la sua vasta distribuzione e popolazione globale stabile lo rende una specie di "rischio minimo d'estinzione" nella lista rossa IUCN.

Alimentazione:

Il lupo grigio si specializza generalmente d'individui vulnerabili degli animali grossi. Nell'Eurasia, molti lupi sono costretti a cibarsi di bestiame e rifiuti, sebbene ungulati selvatici come alci, cervi rossi, caprioli, e cinghiali sono ancora prede importanti nella Russia e le zone montagnose dell'Europa orientale. Altre prede Eur asiaticheincludono renne, argali, mufloni, biseuropei, saighe, stambecchi, camosci, egagri, daini e moschidi. Le prede di lupi grigi nordamericani hanno continuato a vivere in habitat con scarsa presenza umana, quindi i casi di lupi che si nutrono principalmente di bestiame o rifiuti sono eccezionali. Le prede nordamericane preferite includono gli alci, cervi della Virginia, wapiti, cervi muli, pecore delle Montagne Rocciose, i bighorn bianchi, i bisonti americani, buoi muschiati e renne.Sebbene i lupi si cibino soprattutto di ungulati di taglia grossa, non sono schizzinosi. Essi completano la propria dieta con animali più piccoli come le marmotte, lepri, tassi, volpi, donnole, scoiattoli, topi, criceti, arvicole, altri roditori, e gli insettivori. Mangiano frequentemente glianseriformi e le loro uova. Quando tali cibi sono insufficienti, si nutrono di lucertole, serpenti, rane, rospi e insetti. Durante le carestie, i lupi mangiano carogne, a volte avvicinandosi ai mattatoi. Il cannibalismo non è raro nei lupi grigi: durante gli inverni duri, i branchi attaccano lupi indeboliti o feriti, e possono anche cibarsi dei corpi di familiari morti. Si nutrono raramente, ma occasionalmente, di umani.Altri primati predati dai lupi includono l'entelle e gli amadriadi. I lupi supplementano la loro dieta con frutta e vegetali. Mangiano volentieri la bacche dei sorbi, mughetti e i mirtilli. Altri frutti includono le morelle, le mele e le pere. Durante l'estate, i lupi possono causare danni ai raccolti di meloni. Un lupo ben nutrito deposita il grasso sotto la pelle, intorno al cuore, gli intestini, i reni e nel midollo. La digestione impiega solo poche ore, quindi i lupi possono ingozzarsi di carne parecchie volte al giorno

Riproduzione e crescita:

Il lupo grigio è generalmente monogamo, con coppie che rimangono insieme per tutta la vita. Se uno della coppia muore, il superstite di solito trova facilmente un rimpiazzo. Siccome i maschi tendono a predominare in quasi tutte le popolazioni, femmine non accoppiate sono rare. Se un lupo maschio non riesce a stabilire un territorio e trovarsi una compagna, si accoppierà con le figlie di coppie dominanti di altri branchi. Tali lupi sono soprannominati "lupi Casanova". A differenza dei maschi nei branchi stabiliti, i lupi Casanova non formano legami permanenti con le femmine con cui accoppiano. In questo modo, alcuni branchi possono avere più di una femmina riproduttiva, come è il caso nel Parco Nazionale di Yellowstone.
L'età del primo accoppiamento nei lupi grigi dipende da fattori ambientali: quando il cibo è abbondante, o quando le popolazioni di lupi sono maneggiati dagli uomini, i lupi possono produrre cuccioli a età più giovani. Ciò è dimostrato dal fatto che i lupi in cattività possono produrre cuccioli all'età di 9-10 mesi, mentre la femmina riproduttiva selvatica più giovane aveva due anni. Le femmine possono produrre una cucciolata all'anno. Il ciclo mestrale avviene nel tardo inverno. Le femmine più vecchie entrano in calore 2-3 settimane prima di quelle più giovani. Durante la gravidanza, le femmine rimangono in una tana localizzata lontana dalle zone periferali, dove gli scontri con branchi rivali sono più frequenti. Le femmine vecchie partoriscono nella tana della loro cucciolata precedente, mentre le femmine giovani partoriscono nella loro tana natale.
I lupi grigi partoriscono cuccioli relativamente grandi e numerosi in confronto agli altri canidi. La cucciolata media consiste di 5-6 cuccioli. I cuccioli di solito nascono nella primavera, coincidendo con l'incremento stagionale di cibo. Nascono cechi, sordi e coperti d'una pelliccia bruna-grigiastra. Pesano 300-500 grammi, e aprono gli occhi dopo 9-12 giorni. I canini decidui spuntano dopo un mese. I cuccioli escono dalla tana all'età di tre settimane. A 1.5 mesi, sono abbastanza agili da poter fuggire dai pericoli. Le madri non lasciano la tana nelle prime settimane, contando sul padre per procurare cibo per lei e i cuccioli. I cuccioli cominciano a mangiare cibo solido dopo 3-4 settimane. Si sviluppano velocemente nei primi quattro mesi di vita, aumentando di peso 30 volte. Cominciano a giocare dopo tre settimane, ma a differenza delle volpi e i coyoti, i loro morsi sono inibiti. Le lotte gerarchiche cominciano a 5-8 settimane, che differisce dai cuccioli di volpi e coyoti che cominciano a lottare prima di giocare. All'autunno, i cuccioli sono abbastanza maturi per accompagnare gli adulti nelle cacce alle prede grosse.

Habitat:

Il lupo grigio è un generalista che si può trovare in vari habitat, inclusi i deserti, le pianure, le foreste e la tundra dell'artide. La presenza di lupi in un ambiente specifico è fortemente collegato all'abbondanza di prede, la profondità della neve, l'assenza o la bassa presenza di bestiame, la presenza di strade, la presenza umana e la topografia.Negli ambienti freddi, il lupo grigio può ridurre la circolazione sanguigna alla pelle per conservare il calore corporeo. Il calore delle zampe è regolato indipendentemente dal resto del corpo per impedire il congelamento. I lupi grigi si riposano in varie zone: durante le tempeste, i lupi si riparano in tane, mentre durante tempi caldi e l'autunno/primavera, si riposano all'aperto. Le tane sono scavate per i cuccioli durante l'estate. Le tane consistono di ripari naturali come le aperture nelle rocce ricoperte da vegetazione. A volte, la tana è quella abbandonata da altri animali come volpi, tassi e marmotte. Le femmine scavano una tana da capo solo raramente. Tali tane si trovano tipicamente 500 metri da un sorso d'acqua, hanno 1-3 entrate e sono poco profonde. La tana di solito si orienta al sud, così facendo modo che sia esposta il più possibile al sole e impedendo l'accumulo di neve. Le tane dei lupi si possono riconoscere dai resti delle loro prede che li circondano. L'odore spesso attrae uccelli spazzini come gazze e corvi. Sebbene i lupi tendono a evitare zone occupate dagli umani, si notono casi dove i lupi facevano la loro dimora vicino ai domicili e le ferrovie.





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domenica 13 luglio 2014

L'animle del giorno e' : L' IBIS EREMITA !!

L' Ibis eremita  è un uccello pelecaniforme della famiglia dei Treschiornitidi. È una specie in pericolo critico di estinzione.
Un tempo la specie era piuttosto diffusa lungo le zone rocciose e le scogliere di Europa meridionale, Medio Oriente e Nordafrica. Il declino numerico dell'ibis eremita è cominciato secoli fa e almeno fino ai primi del '900 le sue cause sono ignote: dall'inizio del XX secolo però la popolazione di ibis ha subito un calo drastico, pari al 98% circa, dovuto alla combinazione di vari fattori, in primis la caccia di frodo, ma anche la distruzione dell'habitat per far posto ad allevamenti e piantagioni di tipo intensivo, l'utilizzo di fitofarmaci, il disturbo delle rotte migratorie e delle colonie riproduttive a causa dell'eccessiva antropizzazione.
Attualmente l'ibis eremita è scomparso dalla maggior parte dell'habitat originario e allo stato selvatico ne rimangono solo poche colonie isolate in Marocco e Siria (dove peraltro è stato riscoperto solo nel 2002), per un totale mondiale di circa 550 individui selvatici. Parallelamente alle colonie selvatiche sono però presenti, specialmente in Europa, colonie semiselvatiche o in cattività di questi uccelli per un totale di un migliaio di esemplari circa: a partire da queste sono in fase di studio o di attuazione vari programmi di reintroduzione dell'ibis eremita nel suo ambiente originario.

Descrizione:

L'ibis eremita è un uccello di dimensioni medio-grandi, lungo circa 70–80 cm e dall'apertura alare di 125–135 cm. Il peso, come tipico degli uccelli, è molto contenuto in rapporto alle dimensioni: un ibis eremita adulto, infatti raramente supera il chilo e mezzo di peso. I maschi tendono ad avere dimensioni leggermente maggiori a parità d'età rispetto alle femmine: essi inoltre presentano un becco leggermente più lungo.
Il piumaggio è interamente di colore nero corvino in ambedue i sessi: sul petto ed in particolare sulle ali sono presenti riflessi metallici di colore verde, violetto e bronzeo, mentre le copritrici alari presentano una caratteristica sfumatura di colore rosso-rame. Sulla cervice e sulla parte posteriore del collo le penne sono arruffate a formare una sorta di gualdrappa, mentre sulla nuca esse appaiono lanceolate e sono parzialmente erettili a formare un ciuffo. Le parti nude del corpo sono di colore carnicino-rossiccio.

Biologia:

L'ibis eremita è un uccello gregario, che tende a passare in gruppo la maggior parte del suo tempo. Durante la notte, le colonie rimangono al sicuro lungo le rupi o le scogliere che questi animali eleggono a propria dimora: alle prime luci dell'alba, dalle colonie si staccano gruppi anche di 100 esemplari, che in formazione a "V" si muovono alla ricerca di cibo, spostandosi anche di 10–15 km rispetto ai ricoveri notturni. Per cercare il cibo, gli ibis prediligono le aree steppose, tuttavia li si può trovare anche nelle aree coltivate o cespugliose. Qui questi uccelli si muovono al suolo camminando col becco tenuto perpendicolarmente ad esso e continuamente inserito a mo' di sonda, pronto ad afferrare qualsiasi piccola preda capiti loro a tiro.
Sebbene siano solitamente animali silenziosi, nelle colonie gli ibis eremita possono emettere dei suoni simili a grugniti o miagolii nasali, il cui significato ai fini della comunicazione intraspecifica rimane oscuro.
Le popolazioni marocchine di ibis eremita rimangono stanziali per tutto l'anno: pur tendendo a disperdersi lungo la linea costiera, durante la stagione riproduttiva esse si concentrano nuovamente nei siti di nidificazione. Sembrerebbe invece che le popolazioni diffuse più verso l'interno del Paese tendessero a migrare in inverno verso le zone costiere stesse, oppure verso le Azzorre o le isole di Capo Verde. Si pensa che la tendenza alla stanzialità delle colonie riproduttive costiere sia dovuta all' umidità costante e dalla relativa stabilità termica fornita durante tutto l'anno dalla prossimità dell'Oceano Atlantico. Gli esemplari turchi di ibis eremita hanno invece la naturale tendenza a migrare verso sud: per evitare ciò, in autunno essi vengono rinchiusi in apposite voliere, per poi essere rilasciati con l'arrivo della bella stagione. Monitorando tramite satellite 13 individui provenienti da una colonia siriana nel 2006, è stato osservato che tre di essi (più un quarto esemplare selvatico privo di ripetitore od anelli) hanno scelto come meta per svernare l'acrocoro etiopico, sul quale hanno sostato per cinque mesi, da febbraio a luglio: è interessante notare come in Etiopia l'ibis eremita non venisse più segnalato da quasi trent'anni. Per raggiungere l'Etiopia, gli esemplari osservati hanno costeggiato la parte orientale del Mar Rosso lungo Arabia Saudita e Yemen, per poi ritornare a nord attraverso Eritrea eSudan.

Distribuzione:

Un tempo l'areale dell'ibis sacro era molto esteso: lo si trovava praticamente in tutto il Nordafrica ed il Medio Oriente, oltre che nelle aree montane e nelle scogliere dell'Europa meridionale, ma anche in Svizzera (Gessner era per l'appunto svizzero e si basò su un esemplare catturato nei pressi del suo paese per descrivere la specie), Austria e Germania. Numerose colonie erano situate lungo il Danubio ed ilnRodano.
Attorno ai 300 anni fa, però, la specie si avviò verso un lento ed inesorabile declino che ne causò la sparizione prima dall'Europa centrale, poi dall' Europa meridionale.
In Nordafrica, la popolazione di questi uccelli è rimasta invece piuttosto stabile fino alla metà del XX secolo, quando anche qui vi è stata una diminuzione costante del numero di ibis eremita: l'ultima colonia algerina di questi uccelli è scomparsa alla fine degli anni ottanta, mentre in Marocco si è passati dalle 38 colonie nidificanti censite nel 1940 alle 15 del 1975. L'ultima colonia presente sui Monti dell'Atlante non ha più fatto ritorno dalla migrazione nel 1989.

In verde l'areale dell'ibis eremita in Marocco.
Attualmente la stragrande maggioranza di questi uccelli è concentrata in Marocco, dove sono state censite tre colonie nidificanti nel parco nazionale di Sous-Massa ed una grossa colonia alla foce dello Oued Tamri, nei pressi di Agadir, per un totale di circa 500 esemplari: fra i due siti vi è un costante scambio naturale di individui.
Un'altra colonia di ibis eremita è presente in Turchia, nei pressi della cittadina di Bireçik nel sud-est del Paese, dove si è conservata per secoli grazie alla protezione delle autorità religiose locali, in quanto con la migrazione annuale degli ibis tradizionalmente guida i pellegrini hajj verso La Mecca: ancora oggi il ritorno di questi animali dalla migrazione verso sud viene celebrato con un'apposita festa. La colonia turca di ibis eremita contava circa 3000 esemplari fino agli anni settanta: in seguito il numero di esemplari di ritorno dalla migrazione si è ridotto drasticamente e a nulla è valso un tentativo di reintroduzione di coppie riproduttrici nel 1977Nella primavera del 2002, in base a segnalazioni delle tribù beduine e dei cacciatori locali, degli studiosi scoprirono che nel Deserto siriano, nei pressi del sito archeologico di Palmira, sussistevano ancora popolazioni isolate di ibis eremita, nonostante questo uccello fosse stato dichiarato estinto in Siria circa 70 anni prima: in particolare, vennero trovati quindici siti di nidificazione abbandonati ed uno ancora occupato da una colonia nidificante. La popolazione siriana, stando a quanto riportato in uno studio durato quasi un decennio a partire dal 2002, avrebbe un tasso di fertilità, ma anche di mortalità, maggiore rispetto a quanto riscontrabile in quelle turca e marocchina: tuttavia, nonostante l'arrivo spontaneo nella colonia di alcuni individui di provenienza turca, nel 2010 nel sito di Palmira non rimaneva che una coppia nidificante con tre adulti. La popolazione turca di ibis, mantenuta in semi-cattività per volere del governo, pare godere di buona salute, essendo in crescita numerica: per la maggior parte dell'anno gli uccelli vengono lasciati liberi di muoversi per la zona, sita nei pressi del fiume Eufrate. Essi cercano il cibo nei vicini campi coltivati e nelle zone cespugliose, tuttavia viene loro fornito anche del cibo supplementare. Alla fine della stagione riproduttiva, ossia fra la fine di luglio e l'inizio di agosto, per impedirne la migrazione essi vengono stabulati in apposite voliere munite di rifugi, per poi essere rilasciati in febbraio. L'obiettivo è quello di consentire la migrazione non appena il numero di adulti della colonia supererà le 100 coppie riproduttrici. Periodicamente alcuni semplari vengono marcati e lasciati liberi di migrare verso sud.La popolazione turca selvatica di ibis eremita è diminuita invece in maniera costante, fino al punto di non contare più coppie riproduttrici nel 1992. Oltre alle colonie accertate, sporadicamente vengono segnalati esemplari di uccelli identificabili come esponenti di questa specie in Arabia Saudita, Yemen, Israele, Mauritania ed Eritrea: altre segnalazioni, specialmente in Europa, possono anche derivare dall'erronea interpretazione di avvistamenti di mignattaio, il quale, sebbene più piccolo e slanciato rispetto all'ibis eremita, specialmente in volo può facilmente essere confuso con esso.

Alimentazione e Riproduzione:

Analisi svolte sul contenuto fecale di alcuni esemplari della popolazione marocchina di ibis eremita hanno reso noto che la dieta di questi uccelli è molto varia e simile a quella di altre specie della stessa famiglia. Gli ibis si nutrono principalmente di piccoli rettili e tenebrioni che catturano scandagliando il terreno sabbioso col lungo becco utilizzato a mo' di sonda: all'occorrenza, gli ibis eremita catturano e mangiano senza problemi anche piccoli mammiferi ed uccelli, lumache, ragni e scorpioni. A volte i maschi attendono che le femmine catturino qualcosa, per poi sottrarglielo in virtù della loro maggiore stazza.I giovani raggiungono la maturità sessuale attorno al compimento del terzo anno d'età: è tuttavia piuttosto raro che un ibis eremita cominci a riprodursi prima di aver compiuto 4-5 anni.
La stagione riproduttiva coincide con l'inizio del periodo estivo. Il maschio, una volta individuato un sito atto alla nidificazione, lo pulisce con cura da eventuali piante e lo mostra con insistenza alla femmina prescelta: il tutto viene accompagnato dall'arruffamento delle piume della nuca e dall'emissione di bassi gorgoglii da parte del pretendente. Se la femmina gradisce la località dove è ubicata la cavità, allora cede alle avances del maschio e i due formano coppia fissa.
Come luogo di nidificazione viene scelta una cavità nella roccia in una falesia rocciosa o in una scogliera, o comunque in un luogo scosceso e difficile da raggiungere ad eventuali predatori terrestri: in passato, quando questi uccelli erano diffusi anche in Europa, molti di essi sceglievano come luogo per la nidificazione i merli e le finestre dei castelli o di altri edifici abbandonati.
Trattandosi di animali rigorosamente monogami, i due componenti della coppia rimarranno insieme per tutta la vita, e solo la morte di uno dei coniugi potrà spingere l'altro a cercare un nuovo partner. Le coppie rinsaldano il legame fra loro praticandosi a vicenda la pulizia del piumaggio a vicenda, specialmente nelle zone del corpo più difficili da raggiungere per l'animale (principalmente la nuca e la testa).
Se la femmina acconsente all'invito del maschio, dimostrando perciò di gradire il luogo da lui prescelto per la nidificazione, si dà il via alla costruzione del nido. Questo consiste in un ammasso di ramoscelli posti in forma circolare e foderato con erba o paglia. In questo nido la femmina depone da 2 a 4 uova dalla superficie ruvida, del peso di una cinquantina di grammi ed inizialmente di colore azzurrino con macchie marroni: durante l'incubazione, tuttavia, l'intero uovo tenderebbe ad acquistare una tonalità bruno-giallastra.
La cova viene effettuata da ambedue i genitori, che si danno il cambio per i 24-25 giorni necessari all'incubazione: mentre uno cova, l'altro cerca il cibo per sé, oppure vigila i dintorni alla ricerca di eventuali fonti di disturbo per le uova. Alla schiusa, i nidiacei presentano piumaggio di colore uniformemente bruno chiaro, e vengono nutriti da ambedue i genitori almeno fino a quando non sono in grado di volare, cosa che avviene attorno al secondo mese di vita.
L'aspettativa di vita dell'ibis eremita in cattività è di circa 25 anni: il record di longevità è di 37 anni per un maschio e di 30 per una femmina. In natura, si pensa che la speranza di vita di questi uccelli non oltrepassi i 15 anni.Gli esemplari giovani di ibis eremita esibiscono già il tipico piumaggio nero: tuttavia il becco è di colore grigio-nerastro e le zone di pelle nuda, molto meno estese che nell'adulto, sono dello stesso colore. I giovani presentano infatti piume lanceolate piuttosto rade di colore grigio-biancastro su tutta la testa, fatta eccezione per un cerchio di pelle nuda attorno agli occhi ed al becco. Tali piume tendono a cadere con l'età, e le zone di pelle nuda tendono ad acquistare il colore rossiccio tipico dell'adulto man mano che l'animale cresce e raggiunge la maturità.

Habitat:

A differenza della maggior parte degli appartenenti alla propria famiglia, che vivono in aree umide e nidificano sugli alberi, l'ibis eremita predilige le zone rocciose e le scogliere, dove nidifica, in prossimità di zone steppose o semiaride dove cercare il cibo. Nei pressi delle zone di nidificazione dev'essere sempre presente una fonte d'acqua.

Conservazione:

L'ibis eremita è stato uno dei primi animali in assoluto a divenire una specie protetta: fu infatti l'arcivescovo di Salisburgo Leonhard von Keutschach, nel 1504, ad emanare un decreto che sanciva il divieto assoluto per chiunque, eccezion fatta per i nobili, di uccidere questi uccelli, già allora in declino. Tale decreto risultò tuttavia poco efficace, in quanto ben presto l'ibis eremita si estinse in Austria, come anche nel resto d'Europa.
Come specie in pericolo critico, l'ibis eremita è una delle specie principali alle quali si rivolge il piano di conservazione AEWA: la specie figura inoltre nell'appendice I della CITES, il che vuol dire che la cattura ed il commercio di questi animale è illegale e può avvenire solo in casi eccezionali, ad esempio a scopo di ricerca e con le opportune certificazioni. Il monitoraggio delle popolazioni marocchine di ibis eremita è affidato agli esperti di BirdLife International in collaborazione col personale del parco nazionale di Sous-Massa. Per la prima volta nella storia della specie, nel 2008 è stata registrata una crescita del numero di individui nella colonia: tale crescita si è avuta semplicemente rifornendo la colonia di acqua, limitando l'accesso dei turisti per limitare le fonti di disturbo e incentivando i contadini della zona a mantenere la tradizionale rotazione biennale delle colture, per lasciare agli uccelli del terreno dove cercare il cibo.
La causa principale della diminuzione del numero di ibis eremita del Marocco rimane tuttavia la predazione di uova e nidiacei da parte delcorvo imperiale, mentre pare che gli adulti non abbiano predatori specifici, sebbene si pensi che, al pari del congenere ibis calvo, possano cadere di tanto in tanto preda di grossi uccelli rapaci. A causa dell'esiguità numerica, tuttavia, le colonie sono estremamente suscettibili ad epidemie o carestie, che possono decimarle in qualsiasi momento.
In Siria sono state recentemente varate misure di protezione per la piccola popolazione della zona: anche Yemen ed Etiopia, tappe obbligate della migrazione delle popolazioni residenti in Medio Oriente, hanno preso alcune misure atte allo scopo.
Nel 2003 venne tenuta ad Innsbruck una conferenza nella quale vennero tracciate le linee guida per la conservazione e la reintroduzione dell'ibis eremita a livello europeo.
Nell'ambito della conferenza vennero prese alcune importanti decisioni:
  • Il divieto di introduzione di esemplari provenienti dalla cattività nelle colonie marocchina e siriana di ibis eremita, le quali devono potersi sviluppare in autonomia.
  • Il divieto di meticciamento fra le due popolazioni di ibis, quella orientale e quella occidentale.
  • L'allevamento a mano dei nidiacei, con speciali guanti atti ad imitare il collo e la testa dei genitori, per evitare un'eccessiva confidenza con l'uomo dei giovani.
Una seconda conferenza, tenuta in Spagna nel 2006, si prefisse come obiettivo primario la ricerca di eventuali colonie riproduttive in Nordafrica e Medio Oriente: venne inoltre reiterato l'invito a migliorare le condizioni di pulizia e manutenzione delle voliere di Bireçik, mentre vennero abbandonati eventuali progetti atti a consentire la migrazione di esemplari provenienti dalla cattività

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L'animale del giorno e' : IL GHIRO !!

Il Ghiro  è un roditore appartenente alla famiglia Gliridae; è l'unica specie del genere Glis.


Descrizione:


Lungo circa 30 centimetri di cui 13 (circa) di coda, pesa in media 75 grammi.
Ha una pelliccia di colore grigio castano sul dorso, mentre il ventre è bianco; il muso è caratterizzato da due grandi occhi e da folte e lunghe vibrisse (lunghi peli a lato del muso con funzione tattile), le orecchie, di forma rotondeggiante, sono piuttosto piccole e fuoriescono di poco dalla pelliccia. Può essere confuso con uno scoiattolo, da cui può essere distinto osservando la coda che mantiene sempre lunga e distesa.



Distribuzione e Habitat:


Il ghiro ha un areale che comprende Europa e Asia.
In Europa è presente dal nord della Spagna fino all'Ucraina. In Italia è molto comune, tranne che nella Pianura Padana, nella penisola salentina, e nella Sicilia occidentale. È segnalato sulle Alpifino ai 1500 metri di quota.. Nelle Dolomiti, in particolar modo nella Val Zoldana, è stato visto in estate all'interno di un capanno adibito a bivacco a circa 1700 m di quota. In Valle d'Aosta è stato avvistato anche oltre i 2500 metri di quota, precisamente nei pressi del lago Luseney e delbivacco Luca Reboulaz. In Sardegna è presente assieme ad una sottospecie locale che si credeva scomparsa. È inoltre presente in molte isole mediterranee tra cui l'isola d'Elbae l'isola di Salina.
Predilige gli ambienti boschivi, a quote tra i 600 ed i 1500 m.
Solitamente frequenta parchi, giardini e boschi, in particolare quelli ricchi di sottobosco e caratterizzati dalla presenza di vecchi alberi dove può reperire facilmente numerose cavità, all'occorrenza adibite a rifugio o nido. Soprattutto durante i mesi invernali, può servirsi delle case rurali come momentaneo riparo.

Biologia ed alimentazione:

Il ghiro è generalmente notturno: di solito esce dal proprio nascondiglio poco dopo il tramonto per poi ritornarvi prima dell'alba. Durante il giorno sta nascosto in cavità di alberi, in anfratti oppure in nidi, dalla forma rotondeggiante, che egli stesso costruisce con foglie e muschio.
In autunno l'animale aumenta notevolmente di peso, accumulando così una notevole quantità di grasso che gli sarà essenziale per sopravvivere durante il lungo letargo invernale (resta in letargo per 6 mesi). Per il letargo possono essere contemporaneamente usati da più individui gli stessi ripari.La dieta del ghiro, basata essenzialmente sui vegetali, varia durante l'arco dell'anno ed è costituita principalmente da castagne, ghiande, nocciole, bacche, frutti di bosco; in autunno vengono consumati anche i funghi. Una minima parte dell'alimentazione del ghiro può comprendere anche animali, in particolare alcuni invertebrati (insetti e molluschi).

Riproduzione:

Il periodo riproduttivo si situa in primavera, al risveglio dal letargo. Le femmine partoriscono una sola volta all'anno, da 2 a 8 piccoli, dopo una gestazione di circa un mese. Può accadere che più femmine utilizzino contemporaneamente una cavità di un albero o lo stesso riparo per partorire ed allevare la prole; questo fatto accade generalmente quando in una zona si verifica una riduzione di rifugi naturali. In caso di pericolo o di eccessivo disturbo la femmina abbandona la tana e trasporta i propri piccoli in un luogo più sicuro.

Sottospecie:

Una rara sottospecie, il ghiro sardo (Glis glis melonii), ritenuto estinto, è stato avvistato da una naturalista di Urzulei, a distanza di 25 anni dall'ultima segnalazione, nell'estate del 2006 e nel 2014, nel Supramonte. È visibile anche nei boschi di Ollolai.



Caccia e cucina:

Veniva cacciato fin dal tempo dei romani e ingrassato in otri, ne viene fatta menzione nella Cena di Trimalcione di Petronio, come antipasto.



Esistono varie ricette tradizionali per piatti a base di Ghiro per esempio il ghiro arrosto alla Brianzola in Lombardia. Tuttavia, essendo un animale la cui caccia è vietata, ogni consumo alimentare del suddetto animale è da ritenersi illegale.






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L' animale del giorno e' : IL FALCO !!

Il Falco è un genere di uccelli rapaci della famiglia dei Falconidi diffusi in tutto il globo. È l'unico genere della sottofamiglia Falconinae.
La struttura corporea e il piumaggio di questi falchi dimostrano che essi sono perfettamente atti a catturare prede vive, sia in aria sia su territori aperti. I cosiddetti falchi nobili (tra cui sono compresi i falchi cacciatori, i falchi pellegrini, i falchi lodolai, i falchi della regina e gli smerigli) sono superiori a tutti gli altri animali sia per la velocità che possono raggiungere in volo, sia per la straordinaria rapidità con cui si calano in picchiata con vigorosi battiti delle ali. I falchi «libratori», al contrario, (che comprendono i gheppi, i falchi grigi e i falchi cuculi) catturano la preda a terra, dopo aver perlustrato il territorio librandosi immobili nell'aria, oppure calandosi in picchiata da un punto di vedetta.

Descrizione:

Tra il più piccolo e il più grande rappresentante del genere Falco vi sono differenze di peso e di Falco sparverius), ad esempio, pesa all'incirca 100 g, mentre la femmina del girfalco (Falco rusticolus) può raggiungere un peso di 2000 g; tutti i Falconidi presentano comunque le seguenti caratteristiche:
dimensioni marcatissime; il gheppio americano (
  • Capo piuttosto piccolo, occhi grandi, scuri, circondata da una zona cutanea glabra; striature scure sulle guance; becco robusto fortemente arcuato, provvisto di una tagliente sporgenza su entrambi i margini del ramo superiore, e di corrispondenti incavi nel ramo inferiore; narici arrotondate, in genere munite al centro di una piccola protuberanza.
  • Corpo di linea aerodinamica, con ali lunghe e appuntite, e coda generalmente piuttosto lunga.
  • Piumaggio formato da penne dure; piedi robusti, con dita molto lunghe, soprattutto le centrali.
Al contrario degli Accipitridi, che uccidono le prede con gli acuminati artigli dei piedi, i Falconidi si servono degli arti inferiori soltanto per afferrare e trattenere le vittime, che uccidono poi spezzando loro la nuca con il becco.

Biologia:

I falchi non costruiscono nidi, ma depongono e covano le uova nei vecchi nidi di altri uccelli,
all'interno di alberi cavi, su spuntoni rocciosi, oppure in un avvallamento che scavano nel terreno. Le uova hanno il guscio giallo, coperto di macchie brune più o meno fitte.
La femmina, soprattutto nelle specie di maggiori dimensioni, è notevolmente più grande e pesante del maschio. Tale fatto sembra avere una funzione alquanto importante nella suddivisione dei compiti durante l'incubazione delle uova e l'allevamento dei piccoli: il maschio infatti, grazie alla sua maggiore velocità, provvede a procurare il cibo per l'intera famiglia, mentre la femmina si assume l'onere della cova, dell'assistenza e della difesa dei figli. Soltanto quando essi non hanno più bisogno di protezione, ma nello stesso tempo è loro necessaria una alimentazione più abbondante, anche la femmina si dedica alla caccia, riuscendo spesso a catturare prede più grandi di quelle uccise dal compagno. Per quasi tutti i falconini l'incubazione dura circa 30 giorni, mentre il periodo che i piccoli trascorrono nel nido si aggira sulle 4 settimane per le specie minori, e attorno alle 7 per quelle maggiori.


Tassonomia: 

Comprende le seguenti specie:
  • Falco naumanni Fleischer, JG, 1818 - grillaio
  • Falco tinnunculus Linnaeus, 1758 - gheppio comune
  • Falco rupicolus Daudin, 1800 - falco sudafricano
  • Falco newtoni (Gurney, 1863) - gheppio del Madagascar
  • Falco punctatus Temminck, 1821 - gheppio di Mauritius
  • Falco duboisi † Cowles, 1994 - gheppio di Réunion
  • Falco araeus (Oberholser, 1917) - gheppio delle Seychelles
  • Falco moluccensis (Bonaparte, 1850) - gheppio macchiato
  • Falco cenchroides Vigors & Horsfield, 1827 - gheppio australiano
  • Falco sparverius Linnaeus, 1758 - gheppio americano
  • Falco rupicoloides Smith, A, 1829 - gheppio maggiore
  • Falco alopex (Heuglin, 1861) - gheppio volpino
  • Falco ardosiaceus Vieillot, 1823 - gheppio grigio
  • Falco dickinsoni Sclater, PL, 1864 - gheppio di Dickinson
  • Falco zoniventris Peters, W, 1854 - gheppio fasciato
  • Falco chicquera Daudin, 1800 - falco collorosso
  • Falco vespertinus Linnaeus, 1766 - falco cuculo
  • Falco amurensis Radde, 1863 - falco dell'Amur
  • Falco eleonorae Géné, 1839 - falco della regina
  • Falco concolor Temminck, 1825 - falco fuligginoso
  • Falco femoralis Temminck, 1822 - falco aplomado
  • Falco columbarius Linnaeus, 1758 - smeriglio
  • Falco rufigularis Daudin, 1800 - falco dei pipistrelli
  • Falco deiroleucus Temminck, 1825 - falco pettoarancio
  • Falco subbuteo Linnaeus, 1758 - lodolaio eurasiatico
  • Falco cuvierii Smith, A, 1830 - lodolaio africano
  • Falco severus Horsfield, 1821 - lodolaio orientale
  • Falco longipennis Swainson, 1838 - lodolaio australiano
  • Falco novaeseelandiae Gmelin, JF, 1788 - falco di Nuova Zelanda
  • Falco berigora Vigors & Horsfield, 1827 - Falco bruno
  • Falco hypoleucos Gould, 1841 - falco grigio
  • Falco subniger Gray, GR, 1843 - falco nero
  • Falco biarmicus Temminck, 1825 - lanario
  • Falco jugger Gray, JE, 1834 - falco laggar
  • Falco cherrug Gray, JE, 1834 - falco sacro
  • Falco rusticolus Linnaeus, 1758 - girfalco
  • Falco mexicanus Schlegel, 1850 - falco delle praterie
  • Falco peregrinus Tunstall, 1771 - falco pellegrino comune
  • Falco pelegrinoides Temminck, 1829 - falco di Barberia
  • Falco fasciinucha Reichenow & Neumann, 1895 - falco delle Taita


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